sabato 28 febbraio 2015

Se la MITENi deciderà di andarsene chi farà la bonifica?

Luciano Panato
I giornali in questi giorni hanno pubblicato il comunicato dei lavoratori della MITENI, in cui si esprime preoccupazione per il sito produttivo di Trissino che potrebbe essere a rischio dismissione . Se il gruppo INTERNATIONAL CHEMICAL I NVESTOR, che controlla la MITENI, con le su scelte industriali fà preoccupare i lavoratori vicentini, con altre scelte dimostra che in Italia investe. il gruppo INTERNATIONAL CHEMICAL INVESTOR, difatti ha ottenuto l'autorizzazione per un inceneritore di rifiuti pericolosi a SERMONETA, nell'ex polo chimico. la quantità dei rifiuti da trattare è pari 34.000 tonnellate. (fonte: L'ESPRESSO 26/06/14. Articolo a firma di ANDREA PALLADINO. Tiìtolo:" QUEL PARADISO FINITO IN CENERE"). A fronte di queste notizie rimane una domanda: se il gruppo tedesco dismetterà il sito produttivo di Trissino chi si accollerà la bonifica dell'impianto dismesso?.
, difatti ha ottenuto l'autorizzazione per un inceneritore di rifiuti pericolosi a SERMONETA, nell'ex polo chimico. la quantità dei rifiuti da trattare è pari 34.000 tonnellate. (fonte: L'ESPRESSO 26/06/14. Articolo a firma di ANDREA PALLADINO. Tiìtolo:" QUEL PARADISO FINITO IN CENERE"). A fronte di queste notizie rimane una domanda: se il gruppo tedesco dismetterà il sito produttivo di Trissino chi si accollerà la bonifica dell'impianto dismesso?.

La MITENI è l'azienda che ci ha inquinato la nostra falda 
http://www.miteni.com/index.htmhttp://www.miteni.com/index.htm

Interrogazione del consigliere del PD regionale Pietro Ruzzante sull'inquinamento Fratta-Gorzone

INQUINAMENTO FRATTA-GORZONE, HO PRESENTATO UN'INTERROGAZIONE
OLTRE AL BIOMONITORAGGIO, QUALI AZIONI INTENDE INTRAPRENDERE LA REGIONE VENETO PER RIDURRE IL FORTE INQUINAMENTO DEL FIUME FRATTA-GORZONE?
E PER QUALE MOTIVO, NEL PROGRAMMA DI BIOMONITORAGGIO AVVIATO DALLA REGIONE E DALL'ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITÀ, I PRELIEVI DI SANGUE A CAMPIONE SONO PREVISTI SOLO DALLE USL 5 E 6 (NEL VICENTINO) E NON DALL'USL 17 (NELLA BASSA PADOVANA)?
In un articolo comparso nella stampa locale che riferisce sullo stato di forte inquinamento dei corsi d'acqua del basso Veneto - in particolare del Fiume Fratta-Gorzone dove, da parecchio tempo, sono state riscontrate forti tracce di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), considerate responsabili dell'insorgenza di alcune patologie tumorali - apprendiamo che nel vicentino, a breve inizieranno gli esami a campione previsti dal programma di biomonitoraggio voluto dalla Regione Veneto e dall'Istituto superiore della Sanità per valutare l'incidenza dei Pfas sulla salute dei cittadini. A tal proposito, ho presentato un'interrogazione alla Giunta Zaia per chiedere quali altre e più incisive azioni intenda intraprendere, al fine di ridurre gli altissimi livelli di inquinamento del Fratta-Gorzone, raggiunti proprio grazie all'inerzia decennale della Regione che ha permesso a diverse attività industriali ed artigianali di scaricare, per anni, in quelle acque sostanze fortemente inquinanti.
Accanto a questo, nello stesso articolo si riferisce che nel programma di biomonitoraggio predisposto, le Usl 5 e 6, nei Comuni di Brendola, Lonigo e Sarego, nel vicentino, effettueranno dei prelievi di sangue a campione in due diverse fasi che coinvolgeranno prima 80 cittadini e successivamente altri 160, mentre l'Usl 17 (operante nella bassa padovana) coinvolta anch'essa nei controlli, non prevede però per questo territorio nessun esame a campione sui cittadini, ma solo sulle attività di alcune aziende agricole montagnanesi dove verranno analizzati fanghi, foraggi e animali. Ci si chiede: perché due pesi e due misure? Perché nel vicentino si analizzano le persone e nella Bassa Padovana questo non è previsto?
Pur applaudendo, dunque, a questa iniziativa della Regione (anche se insufficiente e tardiva) sarebbe il caso che la Giunta Zaia spiegasse i motivi di tale scelte, onde evitare di dare sostanzialmente ragione a quanto, da anni, vanno pensando e dicendo - e non senza ragione - tanti cittadini e rappresentanti amministrativi dei Comuni della Bassa Padovana, cioè di essere considerati, rispetto ad altri territori del Veneto - in termini di servizi e infrastrutture - dei cittadini di serie B.
Se ciò avvenisse anche per quel che riguarda la loro salute, sarebbe semplicemente inqualificabile e gravissimo.

Acque del Chiampo ha due nuovi direttori

Nuovo direttore generale ad Acque del Chiampo

Prosegue a tappe forzate, per Acque del Chiampo Spa, il percorso di rinnovamento, ristrutturazione e spending review voluto dall’amministratore unico Alberto Serafin. Stamattina, infatti, l’assemblea dei soci della società, alla presenza di nove dei dieci membri azionisti, ha ratificato all’unanimità la nomina proposta da Serafin sul nuovo direttore generale e sul nuovo direttore tecnicico.
Si tratta di Alberto Piccoli, 42 anni, ingegnere per l’ambiente ed il territorio, in passato responsabile del Servizio acqua, suolo e rifiuti della Provincia di Vicenza, che viene promosso direttore generale e che lascia il ruolo di direttore tecnico al collega Giovanni Stevan, 41 anni, anch’egli ingegnere e fino a ieri responsabile del settore difesa del suolo della Provincia berica, dove si é occupato per oltre dieci anni di programmazione e gestione dei Lavori Pubblici.
Con questa decisione termina l’interim di circa due mesi che era stato generato dal licenziamento del direttore generale precedente, Alessandro Rebellato, e viene ridefinito il vertice della struttura aziendale, “Una scelta ampiamente condivisa dai soci, come dimostra il voto unanime di oggi – ha commentato Serafin – che ci permette di voltare pagina inserendo nuove energie, nuove intelligenze e capacità manageriali alla direzione dell’azienda, senza trascurare il fatto, di questi tempi tutt’altro che secondario, che la ristrutturazione consentirà un risparmio complessivo di circa 90 mila euro l’anno. Agli ingegneri Piccoli e Stevan vanno i migliori auguri di buon lavoro da parte mia e degli azionisti”.http://lapiazzaweb.tv/attualita-vicenza/6816-acque-del-chiampo-spa-nominato-nuovo-direttore-generale

venerdì 27 febbraio 2015

4 assemblee sull'acqua inquinata dai pfas in una sola Settimana!

ci sono state ben
4 assemblee sull'acqua inquinata dai pfas in una sola Settimana! 1 a Montecchio Maggiore, due a Montagnana e una a Cologna Veneta ! Ecco qui le 4 locandine. la foto dell'assemblea di Cologna Veneta e di alcune presto anche i video:

L'«Acqua di Cologna»? È nel Fratta Gorzone


26.02.2015

L'«Acqua di Cologna»? È nel Fratta Gorzone

Oggi si parlerà in teatro dell'inquinamento da Pfas

L'«Acqua di Cologna» messa in vendita su E-bay
L'«Acqua di Cologna» messa in vendita su E-bay
tutto schermo
Emergenza Pfas: dopo gli allarmi, le provocazioni. La già animata vicenda legata alla scoperta nelle acque del Colognese di sostanze di origine chimica, che normalmente vengono utilizzate per impermeabilizzare carta, stoffe e stoviglie, si accende ancora di più grazie all'iniziativa di un grafico padovano. Davide Boggian ha infatti posto in vendita su E-bay, uno dei portali Internet più conosciuti per mettere all'asta qualsiasi oggetto, bottiglie di «Acqua di Cologna».
Si tratta, come descrive nella sua offerta, di «acqua di fiume (il Fratta-Gorzone, ndr) dal profumo intenso e pungente, ricca di sostanze perfluoroalchiliche con strabilianti proprietà», che viene posta in vendita al prezzo di tre euro a bottiglia. Certo, l'immagine posta a corredo dell'offerta non fa molta gola: si tratta di un bicchiere pieno sin quasi all'orlo di un liquido nero, ma lo stesso Boggian non nega di aver voluto con questa inserzione attirare più attenzione possibile su un argomento di cui comunque si dibatte da tempo. E questo nonostante da quando è divenuta di dominio pubblico la contaminazione delle acque da Pfas, nell'estate del 2013, non siano stati ancora adottati provvedimenti normativi volti a stabilire il limite massimo di contaminanti che può contenere l'acqua destinata al consumo umano.
Fatto da cui discende che è sempre stata potabile, anche grazie alle iniziative adottate da chi gestisce il servizio idrico integrato che hanno permesso di filtrarla facendola rientrare nei parametri-obiettivo suggeriti dall'Istituto superiore di Sanità. «Ho voluto attirare l'interesse della gente su questo problema, che interessa il Basso Veronese come il Vicentino ed il Padovano e che va affrontato», afferma Boggian. Il quale annuncia che gli eventuali introiti derivanti dalla vendita dell'«Acqua di Cologna» saranno destinate ai comitati di cittadini che si occupano del problema. Intanto, stasera alle 20.30, nel Teatro Comunale, al tema dell'inquinamento delle falde acquifere da Pfas sarà dedicato un incontro organizzato da Legambiente e dall'associazione dei medici per l'ambiente Isde, con il patrocinio dei Comuni di Cologna e Pressana, dove sarà presentato uno studio epidemiologico sullo stato di salute delle popolazioni esposte all'inquinamento. Tra i relatori, Luigi Lazzaro, presidente regionale di Legambiente.
Luca Fiorin

giovedì 26 febbraio 2015

«Pfas», appello alla Regione: «Estendete le analisi fin qui»

    • Cologna Veneta

    «Pfas», appello alla Regione: «Estendete le analisi fin qui»

    I «biomonitoraggi» sulla salute sono previsti in due Asl vicentine «Ma anche noi abbiamo bevuto un'acqua che era contaminata»

    23/11/2014
    Stefano Marzotto di Pressana
    Le amministrazioni di Pressana, Cologna e Zimella vogliono che la salute dei propri cittadini sia controllata. E perciò chiedono alla Regione che gli esami sulle conseguenze da contaminazioni delle acque da Pfas siano estesi anche ai loro tre territori.
    «La Regione», spiega il sindaco di Pressana, Stefano Marzotto, «non può penalizzare i cittadini del Colognese e del Basso veronese, evitando di controllare se hanno subito o meno conseguenze dalla contaminazione da Pfas delle acque potabili e superficiali. Un inquinamento che va avanti da molto tempo e di cui i veronesi non sono autori, ma vittime».
    «È da decenni che beviamo l'acqua che ora si dice sia inquinata da perfluoro alchiliche (sostanza di origine chimica utilizzata per impermeabilizzare carta, stoffe e stoviglie, ndr), perciò è giusto che la verifica sugli effetti di tale contaminazione venga realizzata anche qui», precisa Marzotto. Il sindaco presenterà, a questo scopo, una risoluzione - già inserita all'ordine del giorno del consiglio che si svolgerà martedì prossimo - che sarà poi girata ai colleghi sindaci e nella quale si chiede di far fronte comune su questa richiesta.
    Già questa settimana, in consiglio comunale a Zimella, si è parlato della risoluzione, anche se non è stata votata. «Purtroppo non è stato possibile inserirla all'ordine del giorno, perché non c'erano più i tempi tecnici per farlo», spiega il sindaco Alessia Segantini, «ma ho comunicato in assemblea che il documento verrà adottato dalla Giunta e, alla prima occasione utile, portato in Consiglio». Entro la fine del mese, quindi, anche l'assemblea consigliare di Cologna si occuperà della questione. Facendo sì che tutti i tre Comuni in cui si registra il maggiore impatto dell'inquinamento da Pfas, chiedano insieme di entrare nel «biomonitoraggio». Nei tre territori sono in corso, per altro, le analisi dei pozzi privati che prelevano acqua da falde e che, come altri comuni del Basso Veronese, Vicentino e Padovano, stanno bevendo acqua distribuita dalla centrale di potabilizzazione di Almisano, trattata con costosissimi filtri a carboni attivi.
    Il biomonitoraggio sulla popolazione partirà all'inizio del 2015, con il supporto dell'Istituto superiore di sanità, ma solo in due aziende sanitarie del Vicentino. Si tratterà di una verifica a campione dello stato di salute dei cittadini, compiuta con analisi del sangue mirate. «Controlleremo per primi i cittadini dell'area più vicina alla fonte d'inquinamento che, secondo le analisi dell'Arpav, è un'area circoscritta ad un'azienda chimica di Trissino, Vicenza, per poi, nel caso i risultati ne rivelassero la necessità, ampliare il monitoraggio anche in altre zone», spiega Francesca Russo, responsabile della Direzione prevenzione della Regione. «Non credo che ci sia un problema di costi, per cui è possibile ampliare fin da subito i controlli anche nel Veronese», ribadisce il sindaco Marzotto. Che, con gli altri due sindaci, è pronto ad inviare in Regione un documento in cui «si esprime grave preoccupazione da parte di un territorio che rischia di essere penalizzato per quanto riguarda la salute dei cittadini».
    Luca Fiorin

giovedì 19 febbraio 2015

EFSA e limiti dei PFAS - Facciamo un po' di chiarezza


martedì 17 febbraio 2015

EFSA e limiti dei PFAS - Facciamo un po' di chiarezza

Molti di coloro che si interessano di PFAS dimostrano di no sapere di cosa. L'EFSA non si è mai occupata di valori dell'acqua potabile ma di dose totale tollerabile giornaliera che comprende la dose totale di PFAS che ci sorbiamo, oltre che con l'acqua, anche con gli alimenti, con l'aria che respiriamo, con la polvere di casa ecc. A me sembra che questi decisori politici e sanitari fanno una confusione enorme. Anche per questo dovrebbero andarsene a casa. L’EFSA ha stabilito una TDI (Tolerable Daily Intake o dose giornaliera tollerabile di 1500 nanogrammi per kilo di peso corporeo (NON per litro di acqua) al giorno per il PFOA e di 150 ng/kg per il PFOS. Questo significa che un bambino di dieci chili potrebbe assumere fino a 15.000 ng di PFOA al giorno senza avere problemi di salute ( e questo è da dimostrare).

Questi 15000 ng totali, saranno quindi forniti da diverse fonti o sorgenti di PFAS: una dall’acqua potabile, una parte dagli alimenti, un’altra parte dall’aria che inspiriamo, un’altra parte dalla polvere di casa ecc. ecc.
Quindi voi che siete curiosi vi chiederete: è possibile calcolare il contributo relativo di ognuna di queste fonti. Ma certo che è possibile, che domande fate.

Allora, secondo l’EFSA ( e molti altri enti)  l’acqua potabile contribuirebbe per un 20% alla TDI totale di PFAS. Perciò, nel caso del PFOA, ammesso che un bambino beva un litro di acqua al giorno, questa anche se contenesse 3000 ng/L di PFOA, apporterebbe solo il 20% della dose totale (15.000 x 0,2= 3.000). Il bambino potrebbe assumerne per altre vie altri 12000 ng al giorno senza avere problemi di salute, secondo l’EFSA (affermazione scientificamente non dimostrata).
Tutto bene, allora, perché anche se ne beve di due litri con 3000 mg ci sarà ancora un margine di sicurezza notevole.

Non va bene per niente, miei cari per vari motivi, altrimenti non sarei qui a farvi perdere tempo.
Primo, la quota relativa del 20% all’acqua potabile potrebbe andar bene per le zone con acqua potabile scarsamente contaminata. Secondo lo stato del Minnesota, USA, nel caso di falde acquifere pesantemente inquinate il contributo relativo dell’acqua potabile alla TDI può arrivare al 60%, percentuale che si ottiene con un litro di acqua contenente 9000 ng/L (15.000 x 0,6= 9000).  E cosa succede se quel bambino ne beve 1,5 litri al giorno di quell’acqua? Quasi sicuramente supera ogni giorno la TDI “permessa” dall’EFSA, soprattutto se mangia spesso pesce, magari pescato nelle acque anch’esse contmainate dalal stessa quantità di PFOA, E se il pozzo privato ne contiene 19.000 ng/L come pare sia successo a Lonigo? Allora ne basta anche tre quarti al giorno per superare la TDI.

Secondo, come dicono chiaramente i curatori del sito dell’ULSS20 di VREnti regolatori diversi hanno proposto nel recente passato differenti dosi tollerabili per PFOA e PFOS, o valori guida nell’acqua potabile, anche partendo dagli stessi dati sperimentali. Tali divergenze rispecchiano le difficoltà insite nel risk assessment dei composti perfluoroalchilici, per le loro non comuni caratteristiche chimiche e biologiche” (notare l’affermazione .. anche partendo dagli stessi dati sperimentali, il che pone il problema della validità biologica di queste estrapolazioni o elucubrazioni, per meglio dire, ma di questo parleremo un’altra volta).
Per esempio l’EPA (grosso modo l’equivalente del nostro ministero per l’ambiente ) negli USA ha stabilito una TDI di 200 ng/kg al giorno per il PFOA e 80 ng/kg per il PFOS (vedi tabella sul sito ULSS 20).
Perché le autorità regionali hanno scelto i valori dell’EFSA? E perché negli incontri pubblici autorevoli rappresentanti delle istituzioni sanitarie locali e regionali non hanno mai fatto cenno all’esistenza di queste TDI più “restrittive”. Forse perché se si adottasse la TDI dell’EFSA, il PFOA non dovrebbe superare i 400 ng/L nel caso del bambino di 10 kg (200x10= 2000; 2000 x 0,2= 400). E in Veneto si permettono 500 ng/L.

Terzo, l’EFSA non si è mai occupata dei PFAS diversi da PFOA e PFOS, pertanto nessuno sa cosa comporta l’esposizione a tali molecole.
Infine, perché nel primo parere del 7/6/2013 dell’Istituto Superiore di Sanità a firma Loredana Musmeci, si affermava a chare lettere la preferenza per la TDI dell’EPA, mentre nel secondo parere del gennaio 2014 la stessa autrice fa marcia indietro e non fa più alcun cenno alla TDI più restrittiva dell’EFSA.
Qualcuno potrebbe fare qualche collegamento malizioso co i 450.000 euro che la Regione Veneto ha stabilito di versare all’Istituto Superiore di Sanità per le loro preziose consulenze fornite nella gestione del caso PFAS, ma noi no.

Noi speriamo solo di aver fatto un po’ di chiarezza e di aver contribuito a fa comprendere il vero significato della TDI dell’EFSA che, dimenticavo, è stata stabilità da un gruppo di esperti almeno dei quali era affetto da gravi conflitti di interesse, essendo sponsorizzata da industrie chimiche e produttrici di PFAS. Secondo le stesse regole dell’EFSA, molti di questi ricercatori non avrebbero potuto essere nominati fra gli esperti dell’EFSA, ma anche di questo parleremo un’altra volta.

mercoledì 18 febbraio 2015

Ordinanza sui pozzi privati inquinati da sostanze perfluoro alchiliche a Montagnana

Sul sito di Montagnana (pd) uno dei comuni con l'acqua inquinata dai pfas, il sindaco ha emesso un ordinanza per i pozzi privati dove indica ancora come parametri quelli dell'EFSA (ente europeo) e non del'ISS (istituto superiore della sanità) come hanno fatto recentemente Sarego e Brendola. La nostra Regione ha adottato, con la delibera n.1874 del 14 ottobre 2014 i limiti fissati dall'ISS. 5OOng litro per PFOA, 3O ng litro per PFOS,500 ng litro per la somma totale degli altri PFAS, gli stessi limiti obbiettivo che sono imposti per le acque dell'acquedotto.
La delibera regionale fa riferimento ai limiti EFSA quando scrive"le acque invece in cui i livelli di sostanze perfluoro alchiliche risultino superiori ai limiti di performance indicati nel richiamato parere dell'ISS ed indicativamente inferioriai valori di concencrazione stimabili in base alla TDI definito dall'EFSA (cioè 0,3 MICROGRAMMI LITRO PER PFOS e 3 microgrammi litro per pfas, efsa non indica gli altri pfas) possono essere utilizzate per il lavaggio di stoviglie ed alimenti in cui l'acqua entri in contatto per tempi ridotti e venga rimossa per gran parte dalla superficie(ad esempio lavaggio di frutta e verdura, sotto il flusso d'acqua, consigliando l'uso di acque potabili per l'ultimo risciacquo) e per l'igiene personale , anche ove sia ravvisabile possibilità di ingestione(ad esempio lavaggio denti); le acque emunte da pozzi privati possono essere comunque utilizzate per l'igiene di indumenti ed ambienti e per ogni uso nelle reti di scarico e tecnologiche(es. impianti termici) http://www.comune.montagnana.pd.it/http://www.comune.montagnana.pd.it/

lunedì 16 febbraio 2015

Acqua potabile e PFAS, preoccupati Cordiano e l'Associazione medici per l'ambiente

Acqua potabile e PFAS, preoccupati Cordiano e l'Associazione medici per l'ambiente

Di Emma Grande ieri alle 15:57 | 0 commenti
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Vincenzo Cordiano, presidente della sezione di Vicenza dell'Associazione medici per l'ambiente-Isde Italia Onlus, ci invia un documento che riteniamo utile pubblicare su "Acqua potabile e PFAS", uno dei non pochi casi di "aggressione" al territorio su cui bisogna indirizzare la lente di ingrandimento perchè esiste e spesso è minimizzata la probabilità, che Cordiano reputa una certezza, che riguardino anche la salute dei cittadini.

Di Vincenzo Cordiano, presidente della sezione di Vicenza dell'Associazione medici per l'ambiente-Isde Italia Onlus
La mia personale convinzione è che le acque contaminate da PFAS non si possono bere. Quindi la risposta è No e poi NO. E ho tratto questa convinzione dopo aver esaminato la letteratura medica e aver preso visione delle decisioni e dei comportamenti tenuti dalle autorità sanitarie di paesi diversi dal nostro nei quali si verificarono "incidenti" molto simili a quello che ha portato alla contaminazione delle falde acquifere (e quindi dei suoli e della catena alimentare) in Veneto. DI seguito vi riassumo i principali di tali "incidenti"
Negli Stati Uniti, i fanghi reflui dall'impianto della 3M localizzato a Decatur, nello stato dell'Alabama, e di altre industrie presenti nella zona, assieme al percolato di una discarica contenente PFAS, furono applicati come fertilizzanti in qualità di "biosolidi" su circa 5000 acri di terreno dal 1996 al 2008. Nel 2007, l'EPA accertò la presenza dei PFAS nei fanghi reflui e ne vietò l'uso come ammendanti agricoli, obbligando le aziende a smaltirle in discariche. L'analisi delle falde acquifere e dell'acqua potabile dimostrò la presenza di PFAS in quantità inferiori ai limiti consigliati dall'agenzia americana per l'ambiente (400 ng/litro per il PFOA e 200 per il PFOS) autorizzandone l'uso. Tuttavia, su 19 pozzi privati tre risultarono contaminati da livelli di PFAS superiore a questi limiti e le famiglie furono rifornite di acqua in bottiglia fino a quanto non furono allacciate all'acquedotto pubblico; inoltre, le autorità sanitarie dell'Alabama vietarono il consumo di pesce pescato o allevato nelle acque superficiali circostanti le industrie contaminanti (“U.S. Environmental Protection Agency Perfluorochemical (PFC) Contamination Near Decatur, AL - epa_decatur_faqs.pdf,” n.d.). 

Nel 2009 la DuPont fu costretta ad applicare filtri  all'acquedotto pubblico, che si attingeva le acque dal fiume Ohio nel quale aveva scaricato i PFAS,  per ridurre le concentrazioni di PFOA al di sotto dei limiti previsti dall'agenzia americana EPA e a rifornire i proprietari di pozzi privati contaminati  di acqua minerale fino al completamento dell'allacciamento con l'acquedotto pubblico (EPA, n.d.).

Lo Stato del Minnesota consigliò ai cittadini residenti attorno all’impianto della 3M di Cottage Grove, di bere acqua minerale se volevano ridurre i livelli di PFBA nel loro sangue (MDH, n.d.). Inoltre la 3M fu obbligata a bonificare asportando tonnellate di terreno contaminato da PFAS.

Anche nel Regno Unito, dopo la scoperta della contaminazione delle falde acquifere  da parte del PFOS rilasciato nel suolo durante le esercitazioni dei vigili del fuoco, la popolazione fu obbligata ad allacciarsi all’acquedotto e/o fu rifornita per anni di acqu mineraale.
In Germania l'acqua contenente più di 500 ng/L  non può essere somministrata, cioè è vietata, ai bambini e alle donne in età fertile.
E in Italia?
Da noi si consiglia tranquillamente in convegni pubblici, in delibere degli assessori regionali e in documenti ufficiali rilasciati dalle autorità sanitarie locali, di bere l’acqua contaminata da PFAS con concentrazioni di gran lunga superiori a quelle “consentite” in alcuni stati degli USA.
Riferimenti bibliografici
EPA, U., n.d. DuPont Agrees to Lower Limit of PFOA in Drinking Water DuPont Washington Works (March 2009) - dupont-fs-200903.pdf [WWW Document]. URL http://www.epa.gov/r5water/gwdw/dupont/pdfs/dupont-fs-200903.pdf (accessed 2.13.15).
MDH, n.d. Environmental Health - Minnesota Dept. of Health [WWW Document]. URL http://www.health.state.mn.us/divs/eh/hazardous/topics/pfbasemetro.html (accessed 2.13.15).
U.S. Environmental Protection Agency Perfluorochemical (PFC) Contamination Near Decatur, AL  http://www.epa.gov/region4//water/documents/epa_decatur_faqs.pdf

domenica 15 febbraio 2015

Inquinamento da PFAS nelle falde acquifere, le domande del M5S di Lonigo

Inquinamento da PFAS nelle falde acquifere, le domande del M5S di Lonigo

Di Emma Grande ieri alle 18:55 | 0 commenti
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Il Movimento 5 Stelle di Lonigo a seguito degli sviluppi della vicenda legata all'inquinamento da PFAS nelle falde acquifere del Comune, ha deciso di porre delle domande all'attuale amministrazione comunale di Lonigo, ricordando che "il Sindaco è tenuto a salvaguardare la salute dei suoi cittadini". Le pubblichiamo integralmente di seguito.
L’amministrazione del comune di Sarego si è accorta di una discrepanza tra i valori imposti dal Ministero della Salute (PFOS: ≤ 30 ng/litro; PFOA: ≤ 500 ng/litro; altri PFAS: ≤ 500 ng/litro) e quelli invece adottati dalla nostra Ulss 5 e ha quindi deciso di convocare un tavolo di confronto in data 13 gennaio 2015 per approfondire la questione. I valori imposti dal Ministero della Salute sono ben più restrittivi rispetto a quelli dell’Ulss 5 e per questo, dopo un’ attenta analisi dei controlli effettuati nei mesi scorsi nei pozzi privati a Sarego, il Sindaco è stato costretto ad inviare delle ordinanze ai cittadini possessori di pozzi privati in quanto questi ultimi risultavano non potabili. Ad oggi quasi il 75% dei pozzi privati a Sarego ha l’acqua che non si può considerare potabile. Dopo una settimana l’Ulss 5 ha deciso di adottare i valori molto più restrittivi del Ministero e a questo punto la domanda che sorge
spontanea è la seguente:
A fronte dei valori di concentrazione dei PFAS nell’acqua imposti dal Ministero della Salute, quanti sono i pozzi privati che dalle analisi effettuate superano tali limiti nel territorio di Lonigo?
Chiediamo inoltre che siano rese pubbliche (con solo il nome della via) le analisi dei pozzi privati di Lonigo in modo tale che tutti i cittadini siano a conoscenza della situazione presente nel loro comune.
Infine chiediamo che l’amministrazione comunale organizzi nel più breve tempo possibile, un’ assemblea pubblica per spiegare la situazione dei pozzi privati nel comune di Lonigo.

Sottofondo della Valdastico Esclusi i danni ambientali ma non è detto

Giovedì a Venezia davanti il giudice Andrea Comez si è chiusa la lunga e dibattuta fase dell'incidente probatorio sulla Valdastico Sud. Sul giornale di Vicenza riportano che le scorie ci sono ma non sono pericolose e lo stesso è per gli sforamenti che non sarebbero in grado di provocare danni ambientali. Ora la decisione finale se archiviare il caso o procedere con il processo sta al Pubblico ministero Rita Ugolini .L'ipotesi dell'accusa sarebbe che sotto l'autostrada ci sarebbero stoccati 150 mila metri cubi di scorie di acciaieria non trattati e quindi pericolosi anche come sostenuto dal magistrato Celenza su rai 3 regionale per il cromo fuori norma