sabato 11 giugno 2016

Contaminazione da Pfas: i pericoli per la salute e le prime statistiche

vincenzo cordiano_isde_pfas_legambienteA seguito del biomonitoraggio eseguito dall’Istituto Superiore della Sanità su un campione di veneti, è appurato che sono potenzialmente 250.000 le persone contaminate da PFAS; 60.000 di queste presentano concentrazioni particolarmente alte e risiedono nella zona maggiormente colpita dall’inquinamento, le valli del Chiampo e dello Agno.
Sono coinvolti trenta comuni dell’ovest vicentino, assieme ad altri limitrofi, situati nel padovano, nella Marca e nel veronese: tutti attingono acqua da bacini idrografici soggetti alla contaminazione da PFAS.
Abbiamo chiesto a un osservatore da sempre attento a questo problema, il dottor Vicenzo Cordiano, medico, specialista in Ematologia e in Medicina Interna, Presidente della sezione di Vicenza dell’Associazione Medici per l’Ambiente- ISDE Italia, di tracciare una breve panoramica sui pericoli per la salute umana e sui comportamenti idonei a prevenirli.
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) – le PFOA, le PFOS e molte altre meno note – sono state utilizzate in molti processi industriali per rendere impermeabili superfici all’acqua, all’olio e sporco (per es. nella realizzazione di tessuti impermeabili e di pellame, di padelle e pentolame con rivestimenti antiaderenti, delle schiume degli estintori di fuoco …).
Nella letteratura scientifica le PFAS sono ritenute sostanze tossiche e cancerogene in quanto interferenti o distruttori endocrini, ossia elementi estranei che, alterando le funzioni e l’equilibrio degli ormoni presenti nel corpo umano, possono interferire su processi organici (come l’autoregolazione di determinati valori nel sangue, la riproduzione e lo sviluppo) e provocare o favorire patologie di vario genere, quali malattie di ghiandole endocrine e dell’apparato genitourinario, disturbi cardiovascolari e immunitari, infertilità femminile e maschile e diversi tipi di tumore (cancro della prostata, cancro del pancreas, cancro della mammella, linfomi non Hodgkin…), come evidenziato da numerosi studi epidemiologici internazionali citati qui.
Le Pfas non sono biodegradabili, si depositano e rimangono nell’ambiente, anche a distanza di molti anni, si tramettono agli esseri viventi prevalentemente per via orale (attraverso acqua e cibi contaminati) e si accumulano nel sangue e negli organi interni.
La contaminazione da PFAS che interessa i comuni veneti è particolarmente grave perché si è protratta per un lungo periodo di tempo, dagli anni Settanta in poi, e ha raggiunto una notevole estensione geografica, provocando un vero e proprio disastro ambientale.
Allora cosa si può fare per prevenire o contenere i danni nelle zone inquinate? È sconsigliato bere l’acqua potabile erogata da acquedotti che attingono a falde contaminate? Esiste un limite entro il quale le concentrazioni delle PFAS in acqua non provocano danni alla salute?
I provvedimenti impiegati finora (come l’uso di filtri di carbonio attivo o la scelta discutibile di diluire le sostanze tossiche, miscelando acque inquinate con acque pure) riducono, ma non eliminano i quantitativi di PFAS presenti nell’acqua.
Proprio perché si tratta di sostanze che si sono accumulate col tempo e che si accumulano continuamente nell’ambiente e nel corpo, anche concentrazioni relativamente basse nell’acqua sono pericolose, perché alimentano un avvelenamento lento, costante e inesorabile, assieme alle altre trasmesse da altri canali; le PFAS sono anche nei cibi che mangiamo (se sono entrati in contatto con acqua contaminata) e nell’aria che respiriamo (sotto forma di pulviscolo atmosferico). Soggetti particolarmente a rischio sono i bambini, le donne in stato fertile e gli anziani affetti da patologie. Si raccomanda una particolare attenzione per le donne in stato di gravidanza: è accertato che nelle donne incinte, entrate a contatto con le PFAS, i feti sono esposti a dosi enormi di PFAS attraverso la placenta: sono predisposti a contrarre, anche a distanza di molti anni, una o più malattie causate dai distruttori endocrini.
Sono già riscontrabili danni sulla salute della popolazione?
I dati ufficiali raccolti dal Servizio epidemiologico regionale del Veneto e dal Registro dei tumori del Veneto (analizzati qui) evidenziano, soprattutto a partire dal 2000-2003, un eccesso storico di mortalità in uomini e donne residenti nei comuni dell’ovest vicentino, che ricadono sotto le ULSS 4, 5 e 6 per malattie associate ai PFAS, malattie cioè che hanno nelle PFAS la causa principale o la concausa (malattie di ghiandole endocrine, disturbi immunitari, diabete mellito, malattie cardiovascolari, varie neoplasie, malformazioni congenite e altre).
Un recente studio sulle schede Istat delle cause di morte in Veneto tra 1980 e 2009 (presentato ieri 04.05.2016 di cui qui c’è un breve report, n.d.r.) confrontando decessi tra i comuni inquinati e quelli non, riscontra negli uomini e nelle donne aumenti statisticamente significativi di decessi per diabete, malattie cerebrovascolari, infarto miocardico acuto.
Pertanto, di fronte a questi dati, si raccomanda caldamente a quanti risiedono nelle zone contaminate di non bere acqua potabile di rubinetto attinta da falde inquinate e di non consumare prodotti agricoli di terreni irrigati con l’acqua contaminata del luogo, carne di animali allevati nel territorio e neppure pesce pescato da riserve idriche dell’area interessata dalla contaminazione delle PFAS.
Vincenzo Cordiano, Presidente Isde Vicenza
dichiarazioni raccolte da Silvia Rampazzo, redazione di ecopolis
Legambiente e il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas dal dicembre  scorso hanno promosso due petizioni con raccolta firme per la sostituzione dell’approviggionamento dalle fonti non inquinate (Acquedotti liberi da Pfas e Pfoa) e per la determinazione dei limiti ministeriali sulla presenza dei Pfas nelle acque di falda (Mettiamo un limite ai limiti). Firma qui on line.
Oppure scarica i moduli ed attivati nella raccolta firme (scarica qui quello su acquedotti liberi da Pfas e scarica qui quello per introdurre dei limiti di legge).

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